La sostenibilità concepita come una dottrina
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L’incessante e acceso
scambio di idee sullo sviluppo sostenibile ha dato luogo a una nuova disciplina
integrata, che secondo alcuni celebri ricercatori può essere battezzata col
nome di “scienza della sostenibilità”. Il geologo americano Paul H. Reitan[1],
la definisce come
l’integrazione e
l’applicazione delle conoscenze del Sistema Terra, ottenute dall’impostazione
di stampo olistico e storico (come la geologia, l’ecologia, la climatologia, l’oceanografia)
armonizzate con la conoscenza delle interrelazioni umane ricavate dalle scienze
umanistiche e sociali, mirate a valutare, mitigare e minimizzare le
conseguenze, sia a livello regionale che mondiale, degli impatti umani sul
sistema planetario e sulle società.
L’incognita rispetto
alla “scienza dello sviluppo” è strettamente legata al fatto che non si tratta
di una dottrina dai contorni chiari, ma, al suo opposto, di una scienza che
raccoglie i più disparati saperi di altre materie, alcune dalla consolidata
tempra — si va dalla fisica all’ecologia, dall’economia alla sociologia,
dall’antropologia alla scienza politica — ma anche di molte altre discipline
venute alla luce recentemente e considerate innovative — come ad esempio
l’economia ecologica, la biologia della conservazione, l’ecologia del paesaggio
— che tentano di rappresentare una visione d’insieme, penetrata a fondo e al
tempo stesso inerente al rapporto che si instaura tra l’uomo e la natura.
Questo insegnamento riguarda un concetto che si fa promotore dell’integrazione
tra la complessità dei sistemi contemporanei e la laboriosità atavica della
Natura, suggerendo un’idea più che credibile di “sviluppo” che contrasti il
“mito della crescita”. Per sostenere questo confronto occorre indicare,
procedendo con dovizia di particolari, soluzioni concretamente perseguibili.
Studiosi di tutto il mondo stanno analizzando i processi naturali con strette
connessioni a quelli sociali, economici e produttivi. Il loro operato ha come
obiettivo quello di mettere in discussione l’uso delle risorse, i modelli di
scambio economico, gli stili di vita, l’organizzazione delle istituzioni e le
forme di governance. Questa scienza, come già accennato sopra, è affiorata in
tempi molto vicini (nella seconda metà degli anni Novanta) mentre le
preoccupazioni sulle relazioni causali fra l’intervento umano e il degrado
ambientale sono emerse già nei primissimi anni Settanta, senza esser capaci di
offrire però, complice anche questo gap ventennale — se non nel recente passato
e con ingombranti incertezze relative alla loro applicazione —, vere e proprie
soluzioni di continuità alle domande correnti e alle sfide che la sostenibilità
ambientale fornisce quotidianamente.
[1] REITAN H. P., Sustainabilty Science and What’s Needed Beyond Science, 2005. Tali riferimenti
argomentativi sono presenti al seguente indirizzo internet:
http://www.nbii.org.
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