I limiti della crescita: il Club di Roma

l’Accademia dei
Lincei, circa cento studiosi di tutto il mondo, con l’obiettivo far
nascere un meeting
intellettuale orientato ad esortare il dibattito sulle multiformi
dinamiche e interrelazioni
reperibili tra i sistemi naturali e i sistemi sociali,
tecnologici ed
economici, creati dalla nostra specie al cospetto degli sfondi di
trasformazione
futuri. Il Club di Roma si può considerare come l’evento fautore del
dibattito sui limiti
della crescita e della sostenibilità. Nel 1972 (proprio alla vigilia
della prima grande
Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente) il Club di Roma
pubblica un
rendiconto commissionato dal Massachusetts Institute of Tecnology
(MIT) dal titolo The
Limits of the Growth. Il rapporto riportava le analisi, le rifrazioni
e gli esiti di una
ricerca che aveva come scopo quello di comprendere le influenze
reciproche dei
fattori dai quali dipende il destino delle società umane nel loro
insieme. Gli elementi
presi in esame nella seguente ricerca furono: l’aumento della
popolazione, la
risorse di cibo, le riserve e i consumi delle materie prime, lo
sviluppo industriale
e l’inquinamento. Il rapporto giunse alla risoluzione che se
l’attuale linea di
crescita fosse continuata inalterata nei cinque settori fondamentali
(ovvero inquinamento,
popolazione, industrializzazione, produzione di alimenti,
consumo delle risorse
naturali), l’umanità si sarebbe trovata a raggiungere i limiti
naturali della
crescita entro i prossimi cento anni, e il responso più probabile
sarebbe quello di un
irrefrenabile peggioramento del livello di popolazione e del
sistema industriale.
Due anni dopo, lo stesso Club di Roma, precisò il proprio
messaggio attraverso
una seconda relazione scientifica, curata da Mihajlo
Mesarovic ed Eduard
Pestel, studiosi di analisi dei sistemi. Il documento in
questione ebbe il
compito di analizzare la difformità lampante fra le regioni socio-
economiche che
componevano il mondo e le peculiarità di ciascuna (prerogative
ambientali e
culturali presenti nei diversi livelli di sviluppo, relative alla distribuzione
— non uniforme —
delle risorse naturali). Questo secondo Rapporto, datato 1974,
oltre ad aver
sviscerato le nozioni relative alla crescita dello sviluppo, ha posto una
chiara linea di
demarcazione tra la crescita indifferenziata e la crescita organica1,
rinforzando l’idea
che in un sistema interconnesso come quello nel quale stiamo
vivendo, la crescita
indistinta di un fattore qualsiasi mette in pericolo tutto l’insieme
che costituisce.
Con questo appello
significativo Mesarovic e Pestel2 chiudono il loro rapporto:
Noi non siamo il
mondo sviluppato; siamo oggi il mondo sovrasviluppato. La crescita economica in
un
mondo in cui alcune
regioni sono sottosviluppate è fondamentalmente contraria alla crescita
sociale,
morale, organizzativa
e scientifica dell’umanità. In questo momento della storia ci troviamo di
fronte a
una decisione terribilmente
difficile. Per la prima volta da quando l’uomo è sulla Terra, gli viene chiesto
di astenersi dal fare
qualcosa che sarebbe nelle sue possibilità; gli si chiede di frenare il suo
progresso
economico e
tecnologico, o almeno di dargli un orientamento diverso da prima; gli si chiede
— da parte di
tutte le generazioni
future della Terra — di dividere la sua buona fortuna con i meno fortunati, non
con uno
spirito di carità, ma
in uno spirito di necessità. Gli si chiede di preoccuparsi, oggi, della crescita
organica
del sistema mondiale
totale. Può egli, in coscienza, rispondere di no?
Mauro Catani
Mauro Catani
1.La comprensione della
differenza tra i due tipi di crescita è riconducibile ai processi biologici,
più
precisamente alla
crescita cellulare. Mentre nella crescita indifferenziata le cellule si
moltiplicano con
modalità geometriche,
col risultato di un aumento che risulta esponenziale, nella crescita organica
assistiamo ad un
processo nel quale le cellule, oltre che moltiplicarsi, si differenziano sia
per la struttura
che per la loro
funzionalità. Successivamente al differenziamento, il numero di cellule può
ulteriormente
crescere oppure
diminuire, rispetto alle esigenze dell’organismo che vanno a costituire.
L’assetto di equilibrio
raggiunto nella
chimica organica, all’opposto di quello inerente la crescita indifferenziata, è
dinamico,
subendo le cellule —
in un organismo vivente — un continuo processo di rinnovamento.
2.MESAROVIC M., PESTEL
E., Mankind at the Turning Point, Dutton 1972. (Ed. It. Strategie per
sopravvivere,
Mondadori, Milano 2000, p. 122).
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